mercoledì 19 aprile 2017

Il Rhizopus oligosporus visto al microscopio

Nei post precedenti abbiamo sottolineato che l'artefice della trasformazione della soia in tempeh sia una varietà addomesticata di un fungo, il cui nome completo è Rhizopus microsporus var. oligosporus, volgarmente detto Rhizopus oligosporus.

Vi è un'altra varietà di Rhizopus (Rhizopus Oryzae) che viene correntemente usato per produrre tempeh ed è la varietà distribuita per esempio dall'azienda belga TopCultures di cui si è già parlato.

Un tempeh maturo al punto giusto è ricoperto da una fitta ragnatela di filamenti bianchi detti ife che formano nel loro complesso la struttura vegetativa del Rhizopus chiamata micelio.

Durante la fermentazione del tempeh, il micelio bianco tende ad occupare tutto il volume disponibile.
Usando la tecnica del sacchetto in polietilene il volume disponibile è ridotto al minimo per cui il micelio si compatta sulla soia fino a creare un vello morbido e vellutato piacevole al tatto e alla vista.

Nel video sotto possiamo osservare il micelio di Rhizopus libero di espandersi senza costrizioni durante una fermentazione durata alcuni giorni:



Il tempeh nel video continua a rimanere commestibile ma non possiamo certo dire che risulti desiderabile al palato (forse pensando intensamente allo zucchero filato???).


Quando i tempi di fermentazione divengono eccessivi e/o la temperatura di incubazione è troppo elevata,  iniziano a formarsi filamenti neri detti sporangiofori alla cui sommità crescono delle capsule sferiche nere dette sporangi (dimensioni 50-100 micron) destinate a racchiudere le spore del Rhizopus (dimensioni 5 micron).

Al fine di ottenere un tempeh di ottima qualità occorre interrompere la fermentazione prima che inizi la produzione di spore (fase detta sporulazione).

Nella foto sotto si possono ammirare due sporangi di Rhizopus oligosporus sostenuti dal loro peduncolo:



A livello macroscopico il tempeh sovra-fermentato si presenta con chiazze o venature di colore grigio scuro o nero (ancora commestibile ma di qualità organolettica inferiore):



Per minimizzare il rischio di sovra-fermentazione occorre dunque essenzialmente controllare tre parametri:

- qualità dello starter (Rhizopus Oryzae)
- temperatura di fermentazione
- periodo di incubazione

Nel video seguente è possibile cogliere tutti gli elementi microscopici appena descritti:



microguru

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